Nell’antro di Angela – Paola Bono

Angela Carter. Nell’antro dell’alchimista. Introduzione di Salman Rushdie. Trad. di Susanna Basso e Rossella Bernascone. Fazi, Roma 2019. 378 pagine, 17,50 euro. e-Pub 12,99 euro

Nella sua introduzione alla raccolta di racconti pubblicata in Gran Bretagna nel 1995, a tre anni dalla morte di Angela Carter, Salman Rushdie la definisce una scrittrice «formale ed eccessiva insieme, esotica e demotica, raffinata e volgare, favolista e socialista, rossa e nera». E non si può che convenirne rileggendo questi affascinanti tales, ora nuovamente disponibili in italiano grazie all’intelligente iniziativa di Fazi di riproporli (in una nuova traduzione di Susanna Basso e Rossella Bernascone) in un volume che vuole portarci Nell’antro dell’alchimista, coprendo il periodo 1962-1979. Vi farà seguito un secondo volume dedicato alle collezioni successive (Black Venus e American Ghosts and Old World Wonders), ma intanto lettrici e lettori in Italia possono scoprire o riscoprire i «nove pezzi profani» di Fuochi d’artificio e le immaginifiche, inquietanti, tenere e crudeli riscritture di fiabe di La camera di sangue. Così come, sempre per i tipi di Fazi, negli anni scorsi hanno potuto ritrovare la magia di Notti al Circo e il pazzo girotondo Figlie sagge, gli ultimi due romanzi di Carter, altrettanto pirotecnici nell’inesauribile inventiva ma entrambi lontani dalle atmosfere cupe e goticheggianti di questo volume.

Infatti i tales – e uso ancora una volta questo termine per ricordare e rispettare la distinzione che la stessa Carter fa con la short story – si collocano consapevolmente nella tradizione dei racconti di meraviglia terrore e crudeltà, «narrazioni favolose che parlano direttamente il linguaggio dell’inconscio», non vogliono restituire esperienze quotidiane ma attingere ad aree sotterranee per svelarle diversamente. Le fanciulle e le donne che incontriamo Nell’antro dell’alchimista sono sempre in modi diversi stra-ordinarie, si tratti di variazioni sul tema dell’eroina in pericolo caro appunto al gotico – come avviene nelle rivisitazioni di La bella e la bestia o di Barbablù – o della «indomita madre, altera come un’aquila» che appena in tempo accorre, «una mano alle redini mentre l’altra stringeva la pistola», per trarre in salvo la giovane sposa altrimenti destinata a seguire nella morte le precedenti mogli del suo decadente e malvagio signore, o della bella figlia del boia e delle sue incestuose relazioni con il fratello e poi con il padre. Un sottile erotismo, che in una delle nostre conversazioni Carter definì ironicamente «la pornografia dell’intellighenzia», pervade gran parte dei racconti e, scrive Rushdie, «il sangue e l’amore, sempre prossimi, affini, vibrano […] nel sottofondo» unificandoli tutti». Filo che ritorna è l’esplorazione della sessualità, sia nel senso della sua scoperta da parte delle sue personagge, spesso poco più che adolescenti, sia come scelta di vita ed eccesso programmatico – e penso a Lady Porpora, prostituta trasformata in marionetta dai suoi «insaziabili appetiti», o alla ferocia del cacciatore bianco che godendo della morte uccide «per amore» fino a essere a sua volta ucciso e divorato dalla «ragazzina pubere, vergine quanto la foresta» che ha comprato e addestrato al sesso e alla violenza.

Paola Bono su Leggendaria 139

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